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Tag Archives: Cassazione 2019

Violenza domestica: sufficienti le sole dichiarazioni della moglie per condannare il marito!

Carmine Milo No Comments

Con la sentenza n. 28033 del 26 giugno 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un marito, accusato di aver perpetrato lesioni aggravate nei confronti della propria coniuge con un bastone, confermando la penale responsabilità dello stesso e sminuendo le argomentazioni difensive della difesa dell’uomo, secondo le quali la credibilità della moglie era facilmente contestabile per la palese discrasia delle dichiarazioni rese in momenti diversi dalla donna.

Specificamente, secondo la tesi difensiva dell’imputato, la donna, in sede di sommarie informazioni, avrebbe affermato di essere stata colpita da un unico bastone, poi, successivamente, dinanzi al Giudice di prime cure, avrebbe asserito che si trattavano di tre manici di scopa diversi.

Per tali ragioni, la prospettazione difensiva del marito censurava fortemente la credibilità della donna, dimostrando come le dichiarazioni rese dalla stessa non fossero state confortate da alcun riscontro esterno ed, inoltre, in sede dibattimentale, risultavano palesemente sconfessate da altri testi, i quali dichiaravano di non ricordare la presenza degli arnesi.

La Suprema Corte, ribadendo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha distinto il concetto di credibilità della persona offesa — il cui presupposto è l’attendibilità, riconosciuta, in genere, alle deposizioni rese in dibattimento dal testimone — da quello di attendibilità delle dichiarazioni rilasciate dal chiamato in correità. A differenza del secondo caso, è possibile fondare la responsabilità dell’imputato sulle sole dichiarazioni della persona offesa, quando connotate da credibilità soggettiva e oggettiva, valutabile anche in assenza di ulteriori riscontri.

Sul punto, le Sezioni Unite avevano, tra l’altro, già precisato che le dichiarazioni della persona offesa possono costituire legittimamente l’unica prova a fondamento dell’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, previa verifica della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto.

Nel caso di specie, la difesa dell’imputato ha totalmente omesso di considerare tali aspetti. La credibilità della persona offesa, pertanto, secondo i giudici di primo e secondo grado, si sarebbe consolidata proprio in virtù del fatto che la stessa non si fosse costituita parte civile né avesse presentato querela, non mostrando, quindi, alcun interesse speculativo alla vicenda, né particolare astio nei confronti del coniuge.

Quanto alle dichiarazioni dei testi, la mera circostanza che questi non avessero ricordato la presenza di un bastone, anche a fronte del considerevole lasso di tempo intercorso tra i fatti e le deposizioni, non è sufficiente ex se ad escludere l’effettivo utilizzo dello stesso, né la credibilità della persona offesa, avvalorata dalle considerazioni sovraesposte.

Avv. Jessica Carrano

 

Omessa manutenzione della strada: condannati i dipendenti della Provincia per la caduta di un ciclista

Carmine Milo No Comments

Con la sentenza n. 26085, depositata il 13 giugno 2019, tre dipendenti della Provincia di Messina venivano condannati per lesioni colpose per aver cagionato danni gravissimi ad un ciclista che percorreva, a bordo della sua bicicletta, una strada panoramica e, all’uscita da una curva, si imbatteva in alcune transenne non previamente segnalate che erano allocate sul margine destro della carreggiata.

I tre imputati – l’esecutore stradale, il collaboratore professionale stradale e l’istruttore direttivo tecnico – venivano considerati responsabili sulla base delle dichiarazioni delle persone presenti ai fatti e degli operatori di polizia giudiziaria intervenuti, nonché sulla base della documentazione acquisita e dei risultati della perizia.

Le risultanze probatorie dei primi due gradi di giudizio convincevano il giudicante che l’incidente si fosse verificato proprio in corrispondenza delle transenne, in un tratto di strada caratterizzato da un restringimento della carreggiata.

Anche nella ricostruzione della Suprema Corte, l’incidente occorso al ciclista – che, a causa delle transenne, quindi, cadeva a terra riportando gravi lesioni al viso – era stato causato proprio da una situazione di pericolo dovuta alla mancata apposizione di adeguata segnaletica atta ad evidenziare quel restringimento.

Ai tre dipendenti della Provincia di Messina veniva, pertanto, addebitata la violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale e, in particolare, il non aver evidenziato la specifica situazione di pericolo per la circolazione.

Segnatamente, veniva ritenuta inadeguata e non idonea sia la segnaletica del limite di velocità di 30 km/h – collocata in prossimità delle transenne – che quella del pericolo generico sito a 320 metri o del cartello “lavori” posizionato a circa un chilometro.

Le motivazioni addotte in sentenza sminuivano le argomentazioni della difesa facenti leva sul concetto di insidia.

In definitiva, secondo la Suprema Corte, l’incidente stradale causato da omessa o insufficiente manutenzione della strada determina la responsabilità del soggetto incaricato del relativo servizio, il quale risponde penalmente della morte o delle lesioni conseguite al sinistro secondo gli ordinari criteri di imputazione della colpa, non solo quando il pericolo determinato dal difetto di manutenzione risulti occulto, configurandosi come insidia o trabocchetto.

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